E’ una pianta erbacea annuale alta fino a 50cm. Sicuramente una delle piante aromatiche più diffuse e utilizzate in cucina. Presenta foglie opposte ovate, lisce, solitamente di colore verde brillante, ma ne esistono anche di colori sul rossastro. Se strofinate emanano un gradevole odore caratteristico, fresco direi. I fiori sono piccoli, di colore bianco a volte rosati, con corolla bilabiata.


Il basilico viene coltivato in tutti i Paesi temperati. Si semina direttamente in piena terra in aprile-maggio. Date le sue contenute dimensioni e il suo largo consumo, lo si può coltivare in vaso sui terrazzi, prediligendo posizioni soleggiate con temperature non inferiori a 12-15°C. Il terreno deve essere ben concimato e irrigato frequentemente.
Il basilico, inoltre, è una pianta ricca di di olii essenziali: tra quelli più presenti ricordiamo: eugenolo, eucaliptolo, linalolo, epi-α-cadilolo, α-bergamotene, γ-cadinene, germacrene D, canfora; quasi tutti sono innocui o addirittura terapeutici, mentre altri sono stati identificati come potenziali cancerogeni: è il caso del metileugenolo e dell’estragolo, anche se la combinazione alimentare ne dovrebbe annullare gli effetti negativi. E’ anche curioso apprendere che l’estratto di basilico vanta proprietà tossiche per le zanzare.
CURIOSITA’
Probabilmente l’origine del basilico è l’India, anche se già 4000 anni fa la sua coltivazione era diffusa in tutta l’Asia. In Europa fu introdotto dai romani mentre in America fu conosciuto solo con l’arrivo dei coloni inglesi nel XVI sec. La pianta, nota in tutte le case italiane per il profumo che conferisce alla cucina mediterranea, ha goduto del massimo rispetto. Ciò è confermato anche dall’etimologia del suo nome che deriva, secondo alcuni, dal latino basiliscus (un drago che uccideva con lo sguardo e contro il quale la pianta rappresentava un valido antidoto), altri dal greco basilikos, che significa “regale”. Anticamente i greci pensavano che per un buon raccolto della pianta occorresse pronunciare una serie di imprecazioni nel momento della semina. Nella tradizione cristiana invece la sacralità attribuita al basilico deriva da 2 leggende distinte ma confluenti: la prima narra che il basilico nacque nel vaso in cui Salomè aveva sotterrato la testa di san Giovanni, la seconda racconta che esso fu trovato dall’imperatrice Elena (madre dell’imperatore Costantino) sul luogo della crocifissione di Cristo e da lei poi diffuso in tutto il mondo. In secoli più recenti la simbologia attribuita a questa pianta cambia ancora: un vaso di basilico sul balcone di una fanciulla sembra fosse interpretato come segnale della sua disponibilità a ricevere l’innamorato.
Il basilico, essiccato o fresco, oltre che in cucina, può essere usato anche come correttore del sapore di tisane usate a scopo digestivo. Il basilico viene da sempre utilizzato dalla medicina popolare, anche in assenza di opportune verifiche sperimentali, per contrastare disturbi gastrointestinali, come senso di pienezza e flautolenza e come rimedio per favorire la digestione, la diuresi e per stimolare l’appetito. L’olio essenziale di basilico, invece, viene impiegato nella medicina tradizionale per il trattamento di dolori reumatici, dolori articolari, ferite, raffreddore e perfino per trattare la depressione. Il basilico è sfruttato anche nella medicina omeopatica, dove lo si può trovare sotto forma di granuli con indicazioni per il trattamento di disturbi ansiosi, nausea e vomito, spasmi intestinali, bronchite e tosse grassa.
CUCINA
Il basilico, anche se è un’erba aromatica dal sapore molto deciso, è un alimento versatile in cucina, che può essere seccato, cotto, fritto, frullato e preparato in moltissimi modi diversi, abbinato agli alimenti più disparati. Ecco perchè lo chiamo Re Basilico! quindi non solo sulla pizza o utilizzato come pesto, ma anche su altri piatti come la frittata, il risotto, le uova, il pesce; ma il suo utilizzo più diffuso è senza dubbio il pesto, con varie opzioni, anche se il più utilizzato è quello genovese. Si ottiene pestando (mescolando a pressione) il basilico, ovviamente ingrediente principale, con il sale, i pinoli e l’aglio il tutto condito con parmigiano reggiano, Fiore Sardo (pecorino) e olio evo. Si tratta quindi di una salsa a crudo, cosicché gli ingredienti non perdano le proprie caratteristiche organolettiche originarie.

Primo esempio fu, in epoca romana, il moretum, descritto da Virgilio. La prima ricetta del pesto alla genovese viene fatta risalire all’800 anche se certamente è debitrice di più antiche salse pestate come l’agliata (versione alla ligure dell’agliata classica), a base d’aglio e noci, diffusa in Liguria durante la repubblica marinara genovese e il pistou francese. Nella maggior parte della zona genovese e spezzina, venivano usate le croste di formaggio avanzate, perché economicamente meno costose, inoltre le patate venivano aggiunte in quanto meno care della pasta. La prima ricetta scritta la si trova sulla Vera Cuciniera Genovese di Emanuele Rossi (1852), denominata pesto d’aglio e basilico. Con molta probabilità, anticamente, almeno nella ricetta nata nelle case contadine, non era prevista la presenza del Parmigiano-Reggiano, poiché formaggio raro sulle mense popolari liguri, ma soltanto del pecorino; non il sardo, ma quello prodotto artigianalmente dai pastori dell’Appennino genovese. D’altronde i palati contadini delle epoche passate erano abituati ad aromi e sapori molto più intensi e, a volte, più rustici di quelli attuali.






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