PIZZA E BIRRA? NO GRAZIE!

Nell’articolo sulla pizza (https://www.meteogourmet.it/la-storia-della-pizza/), abbiamo detto che si è scoperto che già 6000 anni fa circa l’uomo scoprì che poteva impastare del grano finemente macinato con acqua, e cuocere quell’impasto, a forma di disco, su pietre roventi. Però, a volte, inacidiva e quell’impasto gonfio doveva essere buttato via. Poi gli egiziani scoprirono che se quell’impasto inacidito veniva lasciato all’aria e cotto il giorno dopo, si produceva un pane più soffice, fragrante e digeribile. Ovviamente allora non ne sapevano il motivo, gli egizi non avevano conoscenze teoriche sugli amidi e i batteri e quindi attribuirono il processo a misteriosi interventi soprannaturali. Il processo di lievitazione del pane è dovuto dal fatto che nella farina di cereali è presente l’amido: un polisaccaride, cioè una molecola complessa formata di molti zuccheri (o carboidrati). Un batterio, il Saccharomyces Cerevisia, è un organismo unicellulare che si ciba di zuccheri e quindi di amido, facendolo fermentare. La fermentazione produce etanolo e anidride carbonica che viene intrappolata nella maglia glutinea dell’impasto. In pratica, migliaia di bollicine formano minuscole cavità che generano l’alveolatura interna della pasta. Durante il processo di lievitazione (a una temperatura compresa tra i 30°C ed i 38 °C ) l’anidride carbonica aumenta di volume. L’espansione continua poi durante la cottura.

Dal punto di vista nutrizionale, la pizza è un concentrato di carboidrati e sali minerali come calcio, fosforo e potassio. Inoltre è un alimento ricco di sodio. Visto, inoltre, che le pizze composte con la farina tradizionale contengono quantità di fibra alimentare trascurabile, la dieta dovrebbe essere sempre integrata  durante il giorno con un pasto o una merenda a base di frutta o verdura.

Dal punto di vista calorico, la classica pizza margherita fornisce in media 270 kcal/100 gr, (fonte INRAN-Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), ma ovviamente dipende dal tipo di farina, della mozzarella e della quantità di olio messo. Tenendo in considerazione che una pizza margherita di medie dimensioni pesa tra i 250-300 gr., l’apporto calorico si aggira intono alle 700 kcal., ma spesso anche più. Alle altre pizze dobbiamo poi aggiungere le calorie degli ingredienti aggiunti (a es.: una pizza delle stesse dimensioni con le alici, fornisce 1318 kcal, mentre coi funghi porcini 1464 kcal.) Altro errore che facciamo spesso, se non sempre, è quello di abbinare alla pizza bevande gasate, birra in particolare. Lo so, pizza e birra è un classico, ma pochi sanno che aggiungendo questo tipo di bevande, l’apporto calorico aumenta in maniera sensibile. Ma la birra in particolare è da sconsigliare: birra e pizza contengono entrambe lieviti che possono creare gonfiore e pesantezza anche al più forte di stomaco. Se proprio volete una bevanda alcolica da abbinare, è meglio un buon vino, forse non si guadagna in calorie, ma sicuramente lo stomaco starà meglio.

Una curiosità finale: ma come è nata la combinazione pizza e birra? È nata negli anni ’50, quando per le pizzerie vigeva ancora la norma che non potevano servire bevande alcoliche superiori agli 8 gradi, poi la freschezza della bevanda, la sensazione, falsa, di facilitare la digestione per un ipotetico potere sgrassante, ha contribuito a fare diventare questo abbinamento una cena tipica del sabato sera.

La pizza, come tutto ciò che richiede un tempo di lievitazione, è uno degli alimenti che “soffre” le condizioni atmosferiche, in particolare il tasso di umidità e la temperatura. sui grandi quantitativa l’umidità relativa dell’aria è quasi ininfluente, ma sulle pizze fatte a casa può influire: il “panetto” che avete formato se non opportunamente coperto, in una giornata secca, potrebbe fare evaporare parte dell’acqua contenuta nell’impasto, formare una pellicola sulla superficie dell’impasto e alla cottura risulterà più secca e meno soffice. maggiore è invece l’influenza della temperatura dell’aria nel processo di lievitazione, anche se le soluzioni tecnologiche per ovviare al problema oggi non mancano. L’alta temperatura esterna, infatti, influenza significativamente la lavorazione dei prodotti da forno nel periodo estivo e, di conseguenza, il risultato finale. questo perchè nell’impasto sono presenti dei microrganismi viventi( lieviti e batteri lattici) che sono sensibili alle temperature. Ad esempio, l’attività dei lieviti resta nulla o molto bassa fino ai 4° C, mentre è molto alta tra i 35° e i 42° C. La temperatura di metabolismo ottimale per i batteri lattici è invece di 30-35° C se mesofili, o 35-54° C se termofili. oltre a ciò bisogna considerare anche il grado di idratazione dell’impasto: Negli impasti di consistenza morbida è di 25-26° C, in quelli molli è leggermente maggiore 27-28° C, mentre per gli impasti asciutti è di 23-24° C. In media deve essere intorno ai 25-28° C.


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